L’uomo è ciò che mangia
L’UOMO E’ CIO’ CHE MANGIA?

L’uomo è ciò che mangia

Ludwig Feuerbach scrisse che l’uomo è ciò che mangia.
Partendo da ciò affermava che è impossibile credere nel dualismo anima-corpo, perché ogni individuo è fatto della materia che lo circonda. Partendo dal presupposto che mangiare meglio fa pensare meglio, egli sosteneva che l’uomo mangia cibo ed espelle pensiero.

Da questo pensiero fondamentale del filosofo di origine Bavarese ne deriva che le comunità di essere umani costruiscono la loro identità sociale e culturale, anche intorno al cibo, a ciò che mangiano.
Se ciò è vero, però, di conseguenza anche intorno a ciò che non mangiano.
La massima di Feuerbach quindi, può essere anche capovolta: “l’uomo è – anche – ciò che non mangia”.

Ecco che così tante abitudini alimentari vanno ad essere, nel corso dei secoli, una delle caratteristiche di regione e anche singoli paesi.

Tradizionalmente la tradizione culinaria più rappresentativa diventa anche il piatto della domenica e dei momenti di festa.

Ecco così che in Valle d’Aosta, per esempio, anche nei rifugi quando dopo una scalata o una sciata si cerca il caldo; trionfano piatti sostanziosi, come le zuppe di pane, fontina, verdure e burro o le fondute di formaggi.
Nelle località montane, variando gli ingredienti di regione in regione è molto diffusa anche la polenta concia, che in val d’Aosta è servita con la carbonada, bocconcini di carne salata marinati nel vino rosso.

Tra i piatti favoriti delle città Piemontesi invece, il più rappresentativo e favorito è il “rabaton” , gnocchi di erbe aromatiche, verdure di campo e ricotta, mangiati caldissimi, seguiti dal brasato marinato nel barolo.

In Lombardia esistono diversi tipi di risotto a seconda del prodotti del territorio, ma spesso sulle tavole Lombarde non può mancare la cotoletta alla Milanese.

Se si parla di Liguria poi è impossibile non pensare alla gustosa focaccia ed al fantastico pesto.

Polenta grigliata, riso e piselli (risi e bisi) nel Veneto, canederli in Trentino, Cialzons un raviolo di formaggio, frattaglie, marmellata e cioccolato, tipico del Friuli Venezia Giulia.

Lasagne, tortellini, agnolotti, tigelle, piadine dall’Emilia Romagna hanno sconfinato e conquistato da tempo ormai il palato non solo italiano.

Ribollita all’acqua pazza, crostini di paté di fegato e lardo di Colonnata, rappresentano la Toscana.

Non si può andare nel Lazio e non assaggiare la porchetta di Ariccia, ma anche resistere alla triade intoccabile carbonara/gricia/amatrciana, gli gnocchi alla romana, o i rigatoni con la patata.

Un Umbria è doveroso rendere merito ai Norcini e ai loro fantastici insaccati.

Spaghetti alla chitarra, arrosticini dove? Ma in Abruzzo naturalmente!

Pizze, pizzette, calzoni, sartu’ di riso, ragù della domenica messo a cuocere lentamente all’ alba…. la Campania a tavola!

‘nduja, melanzane, funghi e tanto altro ancora arricchiscono le tavolate calabresi la domenica.

Orecchiette con le cime di rapa e lampascioni sott’ olio e la Puglia è servita!

Granita di caffè e brioches sono il gustoso risveglio in Sicilia e a pranzo? Pasta alla Norma!

In Sardegna con il profumo del mirto nell’aria non può mancare del buon pane carasau, ma anche malloreddus, maccarones e culurgiones; ma la vera specialità arriva coi secondi: il porcheddu alla brace con erbe aromatiche e l’agnello in umido con finocchio.

Quando grazie a Feuerbach si cominciò a pensare alla qualità del cibo e al suo effetto sugli uomini, cominciarono a mettere le radici per lo studio e la comprensione della chimica e del metabolismo umano. Ciò permise di immaginare un mondo migliore capace di nutrire tutti gli esseri umani, e quindi risolvere la questione sociale del XIX secolo.

Ad oggi alimentazione e cibo continuano ad essere un punto focale di studi e conversazione.

È importante dare spazio e merito a chi produce nel settore con accuratezza e rispetto dell’ambiente.

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