In questo articolo Blog vi raccontiamo in che modo si presentava la cucina italiana negli anni 50‘.
Non c’è da stupirsi del fatto che, anche la dieta, così come le altre abitudini, cambiano nel tempo e ve lo raccontiamo in questo articolo Blog.
Se nell’Italia agricola e preindustriale era il pane l’alimento principale della maggioranza della popolazione, nel corso degli anni ‘50 il cibo simbolo del nostro paese diventa la pasta.
Agnolotti, bucatini, maccheroni, penne, spaghetti, purché fosse pasta, condita con salsa di pomodoro che per il pranzo della domenica diventava addirittura ragù e momento di aggregazione familiare.
I piatti regionali, diventarono quelli maggiormente realizzati. Come si presentava la cucina Italiana negli anni 50’nel Blog Masilicò vi raccontiamo storia e tradizioni
Nel 1953 nasce a Milano l’Accademia Italiana della Cucina, con lo scopo di promuovere e allo stesso tempo tutelare il ricchissimo e variegato patrimonio gastronomico regionale italiano.
Nel frattempo, Ancel Keys, aveva iniziato a condurre i primi studi sull’influenza di una alimentazione scorretta sulle malattie cardiovascolari. Studiando accuratamente l’alimentazione della popolazione locale e giungendo così alla conclusione che la cosiddetta “dieta mediterranea” apportava evidenti benefici alla salute.
Grazie al suo elevato consumo di frutta, verdura, cereali, latticini, all’uso esclusivo di olio d’oliva per cucinare e condire e al modesto consumo di carne e pesce.
Durante il decennio post-bellico sono tre i fattori principali che connotano l’alimentazione degli italiani. La produzione dei posti vicini, la scelta dei prodotti di stagione e la produzione per mezzo di metodi meccanici del cibo.
Come quarto fattore, non possiamo non citare l’ingresso nello stile di vita degli elettrodomestici, che finiranno col mutare radicalmente le abitudini alimentari degli italiani.
È ancora lontano il tempo del cibo surgelato, così solo in primavera si trovano al mercato i piselli, solo d’estate le melanzane, i peperoni e i pomodori.
Inoltre, la mancanza di autostrade e di collegamenti non permette consumi alimentari fuori sede, dunque il panettone natalizio è una rarità per i meridionali. Il pesto lo si può assaggiare in Liguria, e per mangiare una vera pizza bisogna andare a Napoli.
L’alimentazione di quegli anni è totalmente basata su prodotti locali, stagionali e freschi.
Nel frattempo, i produttori iniziarono ad introdurre sul mercato gli affettati in vaschette sottovuoto. Parte così il lento ma inarrestabile declino di un rituale tutto italiano. Il taglio dei prosciutti davanti al cliente da parte del salumiere; le norcinerie, dove sapienti figure artigianali conoscevano alla perfezione il bestiame.
Si iniziarono a trovare prodotti prima di allora inimmaginabili, come il pomodoro in tubetto, biscotti col buco al centro, il panettone, i dadi da brodo, le minestre in barattolo, le scatolette di carne, i crackers.
Quando, nelle occasioni solenni, si voleva mangiare fuori casa si andava in trattoria, vero punto di riferimento della memoria gustativa dell’epoca. Costi modesti e i sapori intensi. Le specialità delle trattorie erano i piatti regionali.
Dunque, l’Italia degli anni ‘50 è un paese allegro, vivo che cambia rincorrendo il benessere, e da un punto di vista prettamente gastronomico. Un paese dedito al buon cibo, dove predomina una cucina casalinga semplice, ricca di piatti gustosi, così differenti da un capo all’altro della Penisola.
L’Italia degli anni 50 è soprattutto la patria della dieta mediterranea, paradigma indiscusso del saper mangiare e del vivere bene.